sabato 8 settembre 2012

Cosa ci aspetta


In uno dei suoi migliori articoli sul Corriere della Sera, Michele Ainis ieri ha delineato con sobria ironia il futuro scenario della politica italiana, quello che dovrebbe trovare attuazione nel 2013. Da quel che si sa negli ambienti ben informati, i giochi sono già fatti e gli accordi quasi conclusi: Prodi Presidente della Repubblica, con l'eventuale alternativa di Casini, se l'UDC dovesse essere decisiva per la futura maggioranza, Bersani Presidente del consiglio e ministro dell'Economia, D'Alema agli Esteri (o terzo incomodo per il Quirinale, non si può mai sapere come andranno queste cose ...), Letta allo Sviluppo Economico, Veltroni Presidente della Camera, a Bindi un ministero importante, magari gli Interni, o la Giustizia, visto che lei stessa si definisce “giurista”, o forse, chissà, quarto incomodo per il Quirinale: è bene essere forniti di alternative pronte. Una lista ineccepibile, tutti al loro posto.
Giustamente Ainis osserva che i big della politica italiana (quelli ovviamente della parte che presumibilmente vincerà: gli altri non possono che stare a guardare) con lodevole tempestività hanno già quasi ultimato il lavoro, così che all'indomani delle elezioni la “macchina da guerra” edizione 2013, questa volta forse meno "gioiosa" di quella del 1994, procederà, rapida e senza tentennamenti o defatiganti trattative, a subentrare al governo tecnico con un nuovo governo eletto.
Eletto ? Ma a che servono le elezioni, si chiede sarcastico Ainis, se il governo da eleggere è già completato e tutti sono d'accordo. Perché vogliono venirlo a chiedere a noi, come comporre la lista dei ministri ? La domanda di Ainis è evidentemente provocatoria oltre che retorica. Questa volta non si vede come si possa ripetere l'inattesa debacle del 1994, quando si avverò la beffa di un Berlusconi appena sceso in politica. Un eventuale successo di Grillo potrà semmai render felice Casini, il quale - divenendo in questo caso decisivo il sostegno dell'UDC ad una maggioranza PD-SEL - reclamerà per sé il Quirinale. E così - sotto sotto - Casini è forse il più convinto sostenitore di Grillo, oltre che della conferma di Monti  a Palazzo Chigi, per avere un concorrente in meno. No, non ci sono altri rischi, per il centrosinistra, questa volta, data anche l'ormai assodata impresentabilità della destra.
Quindi è normale e anche lodevole anticipare i tempi da parte dei dirigenti dello schieramento destinato a prevalere secondo quella logica dell'alternanza che dal 1994  ha sempre fatto vincere chi era all'opposizione - forse più per “merito” del governo precedente che per i propri.
Semmai, c'è da chiedersi che razza di alternanza sia questa, nella quale i posti vengono scambiati sempre tra le stesse persone. Che politica è mai questa, nella quale ogni capacità è esclusivamente rivolta all'accaparramento dei posti di comando e lì si esaurisce: non ne resta un briciolo per esercitare il comando se non allo scopo di perpetuare il potere conquistato. E' vero che per le cariche di responsabilità istituzionale, sempre più esposte alla ribalta internazionale, non si può ricorrere a dei pivelli, per quanto probi e capaci (ammesso poi che lo siano). Ma questa è gente che si rigira le stesse poltrone da un quarto di secolo e più. Tutto è cambiato negli ultimi trent'anni: sistema elettorale, sigle dei partiti, aggregazioni, alleanze e, sul, piano sostanziale, sono cambiati i problemi dei cittadini e gli approcci e gli strumenti disponibili per risolverli, sono mutati gli assetti internazionali e l'intero scenario mondiale. E' caduto persino il muro di Berlino, nel frattempo. La società italiana è radicalmente cambiata dagli anni ottanta a oggi. Ma la politica è sempre in mano agli stessi: negli anni '80 (regnante ancora Breznev!) e nei primi anni '90 in Italia erano già in auge D'Alema, Prodi, Veltroni, Bindi, Fini, Casini, ed i tre leader massimi di un tempo (il CAF: Craxi-Andreotti-Forlani) sono oggi fuori gioco solo per motivi per così dire oggettivi, perché altrimenti ... Oggi è fuori gioco persino Berlusconi, che si presentò come il “nuovo” nel 1994 e convinse molti elettori che era giunto il momento di sbarazzarsi del vecchio modo di fare politica, quello appunto dei D'Alema, dei Veltroni, che gli preesistevano... E da allora saranno passati 19 anni, nel 2013 imminente. Ora il vecchio satrapo viene rottamato, ma i “vecchi” che lui cercò di rottamare si vestono da giovani e – dopo essere stati in Parlamento per oltre un quarto di secolo, coi risultati che vediamo –  ci espongono le loro idee e proposte per risolvere i problemi del Paese. Perché, allora, non sentire in proposito anche Agostino Depretis e Urbano Rattazzi?
In un'intervista di pochi giorni fa D'Alema, per rispondere ad una domanda sul rinnovamento del partito, ha replicato, col suo superiore tono forbito, professorale ed oracolare, che il PD ha ora un segretario che appartiene "alla generazione successiva". Sono veloci, le generazioni per D'Alema: lui è del '49, mentre Bersani è del '51.
Quella del PD che con tanta protervia si aggrappa alle posizioni che detiene da anni è una classe dirigente che si è fatta battere da Berlusconi per ben tre volte: 1994, 2001 e 2008. Quando ha vinto (1996 e 2006) lo ha fatto per il rotto della cuffia e quindi sempre in modo effimero. Bravi e capaci, non c'è che dire. E vogliono continuare.
Ma il nostro destino pare ormai ineluttabile; per il momento non ci sono purtroppo ragionevoli soluzioni alternative e le uova nel paniere potrebbe romperle, ormai, solo la bomba Renzi, con scenari del tutto imprevedibili: nell'ipotesi, remota, che Renzi vincesse le primarie del PD, quali alleanze si presenterebbero alle elezioni e quali risultati si avrebbero ? Questa classe dirigente ha fatto sempre terra bruciata intorno a sé eliminando ogni possibile concorrente (gliene è sfuggito uno solo, ma è il più improbabile per il ruolo; e poi non è detto che di qui a qualche mese non riescano ad aver ragione anche di lui). Hanno fatto terra bruciata approfittando della nostra distrazione, mentre loro erano invece attentissimi. Hanno contato sul nostro tifo da stadio. Ci siamo appassionati di queste persone, delle cose che dicevano. Ci siamo accapigliati tra di noi per loro. Per il "pensiero" di D'Alema e di Rosy Bindi contro quello di Gasparri o di La Russa... Un "pensiero", l'uno e l'altro, lontano mille miglia dai problemi delle persone. Un "pensiero" che non dovrebbe esser tale da poter sconvolgere la coscienza di nessuno... Com'è stato possibile ? La colpa è nostra. Vogliamo continuare ? E se non  vogliamo continuare, che fare ? Non c'è più tempo per fare qualcosa di serio prima delle prossime elezioni. Ma per cominciare a pensarci per dopo, sì.

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