mercoledì 18 luglio 2012

Le scale universali


Per noi comuni mortali è difficile cogliere il senso di traguardi scientifici quali quello rappresentato dalla dimostrazione dell'esistenza del cosiddetto “bosone di Higgs”. Si resta ammirati dell'intelligenza, dell'impegno, della messa a frutto di conoscenze accumulate per anni dai fisici che vi si sono dedicati con passione e con fede. Si percepisce che ciascuna di queste scoperte consente ogni volta all'uomo di conoscere qualcosa di più dei meccanismi che fanno essere - così come sono - la vita, le cose, l'universo. Ma si ha anche la percezione che un gradino in più resti solo un gradino in più di una scala che non ha fine - meglio salire che scendere, ovviamente. Forse qualcuno sa dove finisce la scala ? O, semplicemente, sa almeno “che finisce”? E se la scala non ha fine (come istintivamente pare probabile), la scienza dell'uomo vi si addentri in punta di piedi, consapevole di poter pesare, misurare, scoprire il modo di funzionare di brevi segmenti di quello che ci circonda, perché solo i segmenti, sia pure “consecutivi”, hanno un inizio ed una fine, ed il terreno della scienza deve avere un inizio ed una fine, altrimenti non è il suo campo.
L'inizio dell'universo è stato il Big Bang, ma ci viene detto che prima del Big-Bang vi era un altro universo, anch'esso nato da un precedente Big-Bang e così via, a ritroso ed in avanti e ... senza fine.
Allora, pare saggio rallegrarsi del progresso scientifico che, salendo faticosamente i gradini di una scala infinita, ci porta ogni volta un po' più in alto a respirare un'aria più tersa, sapendo però che l'ascesa non finirà mai.
Pericoloso invece sarebbe credere di poter tagliare, prima o poi, un traguardo finale.

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