sabato 29 ottobre 2011

"L'eredità di Eszter" di Sàndor Màrai - Ed. Gli Adelphi

Foto ripresa dal sito dell'Editore


Non so che cosa mi riservi ancora il Signore. Ma prima di morire voglio narrare la storia del giorno in cui Lajos venne per l'ultima volta a trovarmi e mi spogliò di tutti i miei beni”.

Il romanzo è stato scritto da Màrai nel 1939, quando egli  ancora si trovava a Budapest prima del suo definitivo abbandono dell'Ungheria che avverrà nel 1948, ed è stato pubblicato per la prima volta in Italia, da Adelphi, nel 1999. Come in altre opere di Màrai, l'azione è concentrata in poche ore, nelle quali si dipana la vivisezione dell'animo della protagonista (che qui parla in prima persona) con una fluidità di linguaggio ed una profondità di analisi che non cessa mai stupire e di incantare il lettore (vedi, su questo blog, 7 settembre 2011,  “Divorzio a Buda”). Eszter vive sola, ormai da anni, in compagnia della fida Nanu, nella villetta di famiglia. In gioventù, un grande amore, mai sviluppato. Lajos, il brillante, l'incantatore, il millantatore, l'inaffidabile, Lajos, portato in casa dal fratello della protagonista, che ne è amico ed anche affascinato, fa innamorare di sé la giovane Eszter, ma ne sposa – senza amarla – la sorella. Lajos è quel che è, un soggetto pericoloso, ammaliatore, insidioso, ladro, debitore insolvente e spergiuro, ma non lo fa per cattiveria, è la sua natura, lui non ci vede niente di malvagio. Quando Vilma, sorella di Eszter, muore Lajos se ne va assieme ai due figli, sparisce, ma nel frattempo ha portato via ad Eszter, oltre all'anima, anche tutto quanto di materiale poteva portar via, solo la casa si salva, perchè Llajos non può smontarla e portarsela dietro. Niente altro è restato ad Eszter, neppure la forza di accettare l'amore di fedeli conoscenti, che continuano devoti a starle vicini e ad aiutarla in silenzio. Passano gli anni, fin quando Eszter riceve un telegramma di Lajos: egli annuncia la sua visita, assieme a non meglio specificati “altri”, una corte dei miracoli che poi il lettore scoprirà. Eszter capisce subito tutto e sa come andrà a finire. Lo ha sempre saputo, così deve essere e lei non si opporrà. “Gli amori infelici non finiscono mai”. Mirabile il passo del colloquio  al crepuscolo, a quattr'occhi, quando Eszter mente a se stessa cercando di tener testa a Lajos, sapendo di non volerlo fare. Sa che è venuto il momento dell'ineludibile spoliazione finale ed Eszter l'accetta: è quello che deve accadere, e che quindi accada, pur nella consapevolezza del raggiro ultimo e definitivo.

"Ma il vento, quel vento di fine settembre, che fino ad allora si era aggirato di soppiatto intorno alla casa, aprì con violenza i battenti delle finestre, fece sventolare le tende e, come se portasse notizie da lontano, sfiorò e mosse ogni cosa nella stanza. Quindi spense la fiamma della candela. E' l'ultima cosa che rammento. Ricordo ancora vagamente che più tardi Nanu chiuse le finestre, e io mi addormentai.”

Nessun commento:

Posta un commento