domenica 11 novembre 2012

Politica, truffe e ricatti.


In questi giorni si dibatte sulla legge elettorale e ci si accapiglia su quale debba essere il limite per aver diritto al premio di maggioranza. Dopo l'ultimo passaggio, pare che sia stato fissato al 42,5%: la coalizione che raggiunga tale soglia, avrà in dono un ulteriore 12,5% e quindi si vedrà assegnare il 55% dei seggi della Camera e del Senato (le altre forze, ovviamente, avranno una rappresentanza inferiore a quella che spetterebbe loro in relazione ai voti ottenuti).

Quello che sorprende è che a molti tale soglia del 42,5% del consenso elettorale per avere il 55% dei seggi parlamentari paia troppo alta. Però nel 1953 la sinistra infiammò le piazze contro quella che fu definita la “legge-truffa” di De Gasperi e Scelba, la quale attribuiva un premio del 10% alla coalizione (allora centrista: DC-PRI-PSDI-PLI) che avesse ottenuto almeno il 50% dei voti. Quella era una legge truffa. Oggi invece sarebbe una legge truffa quella che non consente alla coalizione che abbia appena il 30-35% dei voti di avere in premio la maggioranza dei seggi come se avesse ottenuto il 55%.
Il concetto di “truffa” deve aver subito una profonda evoluzione, negli ultimi sessantanni.


In un sistema di democrazia parlamentare quale è quello previsto dalla nostra Costituzione, in teoria la soluzione elettorale migliore sarebbe quella del proporzionale puro, senza soglie d'ingresso - poichè tutte le opinioni presenti nella società hanno diritto ad una proporzionale eco in Parlamento -  e senza premi che diano la maggioranza a chi non l'abbia nel Paese. Tuttavia, dovendo fare i conti con l'esigenza della governabilità, si può accettare (a malincuore) una soglia minima di ingresso ed un premio alla coalizione che manchi solo di poco il 50,1%. Ma non certo un premio che dia il 55% dei seggi a chi abbia ottenuto solo il 30% di consenso da parte degli elettori: questo non sarebbe un premio, questo sarebbe un golpe. Probabilmente anche il Mussolini ormai in rotta aveva ancora almeno il 30% di consenso nel Paese, però avevano ragione i partigiani.
E poi, dov'è scritto che una coalizione di minoranza debba avere per sé tutto il potere col pretesto di dovere assicurare la governabilità? Rinunzi ad una parte del proprio programma (visto che non è stato condiviso dalla maggioranza del Paese) e cerchi un'alleanza con altri in Parlamento.


E' vero che questo favorisce i ricatti delle forze intermedie che, pur avendo uno scarso seguito elettorale, possono far pendere la bilancia da una parte o dall'altra in Parlamento tenendo sotto scacco forze rappresentative di ben maggiori quote di consenso. Questo è un male, ma a ben vedere forse è il male minore rispetto a quello di avere un Parlamento occupato da una minoranza che si appropria per cinque anni di tutto il potere. E poi, se chi ha il 7% ricatta chi ha il 45%, potrà a maggior ragione accadere anche il contrario. E gli elettori, di fronte a simili comportamenti, potranno tenerne conto alle elezioni successive.


Del resto, non pare che gli attuali ultimi sistemi elettorali basati su premi di maggioranza (di cui hanno alternativamente beneficiato centrodestra e centrosinistra) abbiano evitato ribaltoni e ricatti, e quindi instabilità dei governi. Abbiamo visto gruppi di parlamentari eletti in una coalizione staccarsene e passare all'oppozione, ed essere sostituiti nell'appoggio al governo da parlamentari eletti con l'opposizione. I ricatti ed i mercanteggiamenti non si evitano con le leggi elettorali: semmai si puniscono col voto degli elettori.








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